Lo sbarco in Sicilia nel 75° anniversario: per non dimenticare

Nella foto lo sbarco degli alleati nei pressi dell’isola delle correnti

Codificata come “Operazione Husky”, comportò uno sforzo logistico enorme, e richiese una pianificazione anche maggiore di quella che, in seguito, avrebbe richiesto il “Piano Overlord”, ovvero, lo sbarco sulle coste francesi della Normandia il 6 giugno del 1944. Sono passati settantacinque anni dal 10 luglio 1943, data dello sbarco in Sicilia delle truppe anglo-americane. È stata la prima grande operazione anfibia messa in atto dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo aver vinto in Nord-Africa, gli Alleati volsero lo sguardo alla “Fortezza Europa”. La Sicilia, in particolare, costituiva un obiettivo “naturale” la cui conquista avrebbe garantito sia il controllo totale sul Mediterraneo, che l’indebolimento “politico” dell’Asse, spingendo l’alleato italiano alla resa e alla conseguente uscita dal conflitto.Il primo tassello posto per l’operazione, fu l’attacco condotto contro l’isola di Pantelleria che l’11 giugno cadde, dopo essere stata violentemente bombardata. Il 9 luglio scattò la prima fase del piano Husky con il lancio dei paracadutisti dietro le linee nemiche. Alle 2 e 45 del 10 luglio scattò l’ora H del D-Day:  l’armata americana guidata dal Generale George Smith Patton, e quella inglese guidata dal Generale Bernard Law Montgomery, sbarcarono rispettivamente nella parte sud-occidentale e in quella sud-orientale da Capo Passero per tutto il golfo di Noto. Su quel tragico luglio del ’43, si è scritto e detto molto; ma occorre precisare che, solamente in anni recenti, è riaffiorata una memoria più approfondita e consapevole. Perché per molto tempo, la campagna militare in Sicilia è stata erroneamente dipinta come una conquista “facile” per mano degli Alleati che attraversarono l’isola, di città in città, tra ali festanti di folla. Non va  certamente dimenticato l’enorme tributo di sangue che i siciliani pagarono a causa dei bombardamenti subiti precedentemente e successivamente l’inizio dell’operazione militare vera e propria. Da ciò gli storici più acuti intellettualmente si sono divisi: liberazione oppure occupazione? Cosa resta oggi del campo di battaglia? La testimonianza tangibile di quegli avvenimenti è rappresentata innanzitutto dai numerosi cimiteri militari siti in varie parti della Sicilia, dai sacrari dei caduti italiani e dalle tante lapidi poste a ricordo di quanti combatterono e sacrificarono le proprie vite. Purtroppo chi vi scrive, negli anni dell’impegno civile, non è riuscito a dare la giusta e viva testimonianza a coloro che, al netto di discutibilissime verità storiche, hanno avuto il merito di far lievitare il sale della democrazia. Un rimorso questo che difficilmente sarà assopito.